Pompeii Commitment
Anri Sala,
con Marcella Beccaria. Side A Too
Digital Fellowship 02 08•10•2022Anri Sala
Untitled (Body Double II), 2022
disegno a pastello
21 x 29,7 cm
Courtesy l’Artista
Su Body Double di Anri Sala.
Una traccia doppia tra l’analogico e il digitale
(Marcella Beccaria)
Side A e Side A Too – I calchi di vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 a.C. e uno strumento musicale dell’epoca, ma anche il volume dell’aria, la durata di un respiro, lo strazio della morte, l’emozione della scoperta, il suono che rompe il silenzio… Molti sono i contenuti da svelare riguardo a Body Double, il progetto di Anri Sala che inaugura Pompeii Commitment. Materie archeologiche – Digital Fellowship.
Sin dalla fine degli anni ‘90, attraverso la sua arte Anri Sala indaga possibili modelli di conoscenza attraverso opere capaci di innestarsi sul tessuto di quanto definiamo “reale”. Alla base delle opere dell’artista c’è innanzitutto un metodo, una ricerca che poeticamente mette in luce collegamenti altrimenti nascosti e vicende umane tralasciate dalla grande storia. In più occasioni, Sala ha attinto al linguaggio della musica e, addentrandosi nella struttura di specifici brani, ne ha esaminato episodi di possibile rispecchiamento, rielaborazione e duplicazione, trovando fertile spunto nei concetti di doppio, simile, dissimile.
Ideato dall’artista per Pompeii Commitment, Body Double (2022) è un nuovo progetto che include un’opera in forma di traccia sonora e due disegni su carta. Queste opere nascono a partire da due differenti tipologie di reperti relativi alla straordinaria materia archeologica restituita da Pompei. Proponendo un’inedita relazione, Sala si è ispirato ai calchi in gesso di due vittime e ai frammenti di una tibia doppia, strumento musicale formato da due elementi a canna.
Attingendo alle memorie di una sua visita al sito archeologico di Pompei avvenuta anni fa, quando per la prima volta vide alcuni calchi in gesso di vittime, Sala ha approfondito la notizia relativa ai recenti ritrovamenti effettuati in una grande villa suburbana nella zona di Civita Giuliana nell’autunno del 2020. La scoperta concerne gli scheletri di due individui e la conseguente realizzazione di due nuovi calchi. A partire dalla tecnica inizialmente ideata da Giuseppe Fiorelli nella seconda metà del 1800, il gesso colato ha restituito le sagome di due fuggiaschi, dando modo agli studiosi, insieme alle analisi sulle ossa, di ricavare informazioni dettagliate relative agli individui e alla tragica dinamica concernente i loro ultimi istanti di vita. Dal deposito di cenere esaminato, gli archeologi hanno concluso che si tratta di vittime della seconda eruzione del Vesuvio, quella che, nelle prime ore della mattina del 25 ottobre, uccise quanti erano sopravvissuti alla colata del giorno precedente. In base alle condizioni dei reperti umani e dei resti dell’abbigliamento, gli studi attuali suggeriscono che queste persone potrebbero essere un giovane schiavo e il suo più maturo proprietario.
Oltre alla ricorrenza del due – due vittime fermate dalla seconda colata piroclastica – quanto ha colpito Sala è che i corpi sembrano toccarsi, in quanto il braccio di una delle vittime è tangenziale al piede dell’altra. La drammatica circostanza, che letteralmente unisce ancora di più i destini di questi individui, forse rendendo più simile ciò che è diverso, è parte dello spunto a partire dal quale l’artista ha elaborato il proprio progetto. Suggellando per sempre una relazione riguardo alla quale si potrebbero aprire più congetture, questa prossimità è stata interpretata da Sala anche attraverso disegni su carta. Tracciati a matita grigia, questi lavori – non a caso l’artista ne ha realizzati due – si soffermano su momenti diversi, ipotizzando una successione di due momenti, l’uno a brevissima distanza dall’altro. Il primo (pubblicato in Side A) si ispira ai calchi visti dall’alto e delinea i corpi ormai stesi a terra. Come anche documentato da una delle fotografie relative agli scavi, il disegno riprende la posizione del giovane con le gambe distese e quella, più scomposta, dell’uomo maturo, che sembra ancora sul punto di contorcersi. L’artista insiste sul punto di contatto, segnando con un’unica linea la continuazione di un corpo nell’altro. Non supportato da evidenza documentaria, l’altro disegno (pubblicato in Side A Too) immagina un possibile momento di poco precedente, con uno degli individui malfermo sulle gambe e l’altro già caduto, ma ancora inginocchiato.
Quanto accomuna le due carte è la decisione di Sala di non soffermarsi sulla presunta identità dei due individui, sui loro differenti ruoli sociali o sulle possibili occupazioni mentre cercavano di fuggire. Una serie di sfumature che avvolgono parti delle figure, è interpretabile in relazione all’ultimo respiro emesso dalle vittime, visualizzando invece l’aspetto più ineluttabile della loro comune umanità. Queste nuvole grigie, con punti rossi e blu, sembrano aver appena lasciato i corpi che le hanno prodotte, suggerendo l’idea di un volume che, pure fragile e invisibile, occupa però uno spazio.
Insieme alla coppia di calchi in gesso fin qui descritta, l’altro reperto di origine pompeiana sul quale l’artista si è soffermato per sviluppare Body Double è una tibia doppia, strumento a fiato già diffuso in Siria e Asia Minore anche conosciuto come aulo dai greci, che rientra in una tipologia di manufatti già rinvenuti a Pompei nella seconda metà del 1800 per arrivare a ulteriori recenti ritrovamenti nel 2018 in Via del Vesuvio. Spesso descritta come flauto, secondo alcuni studiosi tra cui Stefan Hagel (si veda il suo scritto pubblicato in Side A), se paragonata agli strumenti moderni, la tibia (le cui varianti includevano le tipologie pares, impares, duae dextrae, serranae) è in realtà più simile a un clarinetto o a un oboe.
Appassionato di musica, che è parte integrante della sua formazione, Sala ha individuato nell’antico strumento un reperto nel quale si intrecciano la materialità del dato archeologico e il racconto immaginifico del mito. Come noto, l’aulo fu inventato da Atena che, secondo il poeta Pindaro, voleva dotarsi di uno strumento in grado di simulare il terrificante grido di Medusa. La dea però gettò via il nuovo strumento, perché notò che mentre lo suonava doveva gonfiare le guance, azione che deformava la sua bellezza. Lo strumento musicale venne allora raccolto da Marsia, satiro proveniente dalla Frigia che divenne così abile nel suonarlo da ritenere di poter sfidare Apollo e la sua lira. Il mito esiste in più varianti, e per i romani l’aulo diventa la tibia e la dea diventa Minerva. Tuttavia il povero Marsia è sempre destinato a una fine terribile e il suo sangue, come ricorda Ovidio nelle Metamorfosi (Libro VI), finisce con l’alimentare la nascita di un fiume. Anche se il racconto può portare a riflettere su una possibile contrapposizione simbolica tra lo strumento a fiato e le sue connotazioni irrazionali e dionisiache e lo strumento a corda, misurato e apollineo, nella vita degli antichi romani la tibia assunse un ruolo di rilievo. Come anche riscontrabile in numerose opere pittoriche e scultoree a oggi conosciute e alle notizie riguardo al tibicen, specifica categoria di suonatore professionista che includeva donne, lo strumento accompagnava molteplici momenti, dai banchetti alle funzioni religiose, fino alle celebrazioni funerarie.
Come evidente, il vocabolo latino tibia rimanda all’osso animale con il quale lo strumento era spesso prodotto, anche se Plinio il Vecchio, quando tratta degli alberi selvatici nella sua enciclopedica Naturalis historia, riferisce che originariamente per le tibiae si utilizzava l’harundo donax, una specifica canna palustre appunto detta auleticos. Un approfondimento su Plinio – come ben noto anche lui tra le sfortunate vittime dell’eruzione, e studioso il cui pensiero è stimolante rileggere alla luce del contemporaneo pensiero multispecie che informa l’intero progetto Pompeii Commitment – porterebbe un po’ troppo lontano dall’oggetto primario di questo breve testo (e ovviamente gli studiosi del campo sono ben più titolati). Per entrare nel vivo del racconto dell’opera di Anri Sala senza subito svelarne i contenuti, mi si lasci però citare un breve passo della Naturalis historia. Oltre a spiegare che le canne furono un materiale poi abbandonato a causa dei lunghissimi tempi di stagionatura e lavorazione che richiedeva, Plinio riferisce che, quando ancora usate per farne uno strumento musicale, esse venivano tagliate a maturazione avvenuta e specifica:
“Così predisposte, cominciavano a essere utilizzabili dopo alcuni anni, e anche allora andavano abituate con un lungo esercizio: bisognava insomma insegnare a suonare ai flauti stessi, dato che le ance restavano serrate, caratteristica, questa, più adatta all’uso delle rappresentazioni teatrali di allora. Dopo che nella musica si introdusse la variazione e anche lo splendore del canto, si cominciò a tagliare le canne prima del solstizio, e a utilizzarle dopo tre anni, quando le ance più aperte permettevano di modulare i suoni, e così ancor oggi sono fatti i flauti. Ma a quell’epoca si era convinti che l’ancia si adattasse bene solo se proveniva dalla medesima canna, e che la parte al di sopra della radice fosse indicata per il flauto di sinistra, quella verso la sommità per il flauto di destra; enorme era la preferenza accordata alle canne cresciute proprio sulle rive del Cefiso. Oggi i flauti etruschi per i sacrifici religiosi si fanno in legno di bosso, mentre quelli per gli spettacoli vengono costruiti in legno di loto, in osso d’asino, oppure in argento”.
Tra le preziose informazioni e idee contenute, per chi non ne avesse familiarità, questa citazione da Plinio può aiutare a meglio capire che il suono delle tibiae era prodotto dal musico tenendo i due elementi tubolari in bocca e facendone vibrare le ance, mentre per altro muoveva contemporaneamente le proprie dita sui fori che li scandivano. Altro elemento di nota, è la differenziazione citata dallo studioso tra il flauto di sinistra e quello di destra.
In questa sede e nel contesto del progetto di Anri Sala, quanto soprattutto mi incuriosisce è il concetto espresso da Plinio all’inizio del paragrafo sopra citato, dove lo studioso scrive che “bisognava insomma insegnare a suonare ai flauti stessi”. Sono tentata di pensare che questa notazione arrivi quasi a sfiorare il mondo che tanto ci ossessiona, quello dell’intelligenza artificiale, con le macchine “intelligenti” capaci di imparare da se stesse. Anche se rischio un pericoloso sconfinamento nella “fantastoria”, che di certo non appartiene agli ambiti seppur vasti indagati da Pompeii Commitment, mi soffermo su questo aspetto perché è innegabile che l’apporto delle più attuali tecnologie è stato cruciale nell’evoluzione di Body Double. Attratto dall’antico strumento musicale, l’artista si è infatti scontrato con l’impossibilità di poterlo maneggiare, o di farlo dare in prestito a un musicista che potesse collaborare con lui al progetto. Come ben sanno gli studiosi alla cui cura è affidato il patrimonio pompeiano, le varie tibiae restituite dal sito nel corso del tempo sono infatti reperti fragilissimi e non è possibile interagire con essi al di fuori di precisi protocolli.
Il desiderio dell’artista di riattivare il suono di una tibia pompeiana è però lo stesso diventato realtà. Dopo una serie di ricerche che hanno svelato le molteplici attività di una vibrante comunità internazionale di studiosi di antichi strumenti musicali, Sala è entrato in contatto con il sopra citato Stefan Hagel. Attraverso anni di meticoloso studio e molteplici tentativi empirici, Hagel è infatti arrivato a realizzare una copia funzionante dell’antico strumento, che lui stesso suona applicando le proprie conoscenze di appassionato e rigoroso ricercatore. Desunta dalla precisa misurazione di una coppia di tibiae ritrovate a Pompei nel 1867, oggi conservate presso il Museo Archeologico di Napoli, la riproduzione è stata prodotta dallo studioso grazie alla tecnologia digitale, che gli ha permesso di ottenere una stampa in 3D su cui lavorare.
Già articolata, questa è tuttavia solo una parte della storia del progetto di Anri Sala. Resta infatti da approfondire il modo in cui, nell’immaginazione creativa dell’artista, le tibiae e i calchi delle vittime sono entrati in relazione e la specifica struttura del brano sonoro da lui prodotto. Per quanto riguarda il primo punto, fin dall’inizio del progetto l’artista ha guardato ai calchi e alle tibiae come se fossero legati da una sorta di necessità interna, colpito dal fatto che, come detto, la seconda eruzione avesse unito per sempre le due vittime, e attratto da questo antico strumento formato da due elementi, Sala ha approfondito questa inedita relazione basata sul concetto di doppio, ma anche simile e dissimile, interrogandosi sulla possibilità di svilupparne un’altra, quella tra lo spazio occupato dai corpi e la durata del suono emesso dalle tibiae (o da una loro fedele copia). Questa ricerca, nella quale lo spazio corrisponde quindi al vuoto trovato nella cenere, ha portato Sala a elaborare l’opera sonora, risposta artistica che include alla sua base un’intuizione matematica. Uno degli elementi fondanti di Body Double è infatti la sua durata, che può essere interpretata come la trasformazione digitale di un dato analogico. I 9 minuti e 25 secondi di lunghezza del brano sono ottenuti calcolando il tempo che il volume d’aria lasciato dai corpi – e poi definito da ciascuno dei calchi in gesso – potrebbe impiegare a fluire attraverso una tibia quando animata dal fiato di un suonatore.
Questa traduzione di un volume in una durata scolpisce lo spazio sonoro. Per arrivare infine ad almeno accennare alla struttura di Body Double, si può dire che essa è stata costruita dall’artista in collaborazione con il sound designer Olivier Goinard pensando all’immagine di due polmoni umani e combinando una successione di fasi respiratorie e di note musicali suonate da Hagel utilizzando il suo strumento. La tecnica usta da Hagel include il cosiddetto “respiro circolare”. Diffusa tra più civiltà e fondamentale per suonare le tibiae, e questa pratica permette di non interrompere il suono anche per la durata di un lungo brano, in quanto il musicista spinge l’aria nello strumento in maniera costante mentre inspira dalle narici. Per quanto riguarda le sonorità musicali, che potrebbero forse ricordare sirene navali, esse si basano sul “terzo suono”, fenomeno acustico che nasce dalla combinazione di due note che, quando prodotte contemporaneamente, producono a loro volta un suono ulteriore. Alternativamente detto risultante o di combinazione (e descritto per la prima volta dal violinista italiano Giuseppe Tartini nel suo Trattato di musica secondo la vera scienza dell’armonia, 1754), il terzo suono rappresenta un’illusione ma è al tempo stesso reale. Riconoscibile dall’orecchio umano, la cui struttura interna contribuisce alla sua produzione, esso è dotato di frequenze matematicamente desumibili da quelle dei suoni da cui deriva.
Per non sottrarre a chi esperisce l’opera Body Double l’emozione dell’incontro, non credo ci sia altro da aggiungere, eccetto che l’ispirazione da vinile analogico che informa la veste di questo progetto digitale è ovviamente intenzionale. Elegia dedicata alle vittime di Pompei, l’opera indugia sui loro ultimi istanti, e sul significato umano del vuoto che hanno lasciato impresso tra le ceneri.
Anri Sala
Body Double, 2022
stereo sound, 9’25”
Musica eseguita da Stefan Hagel
Sound design di Olivier Goinard
Courtesy l’Artista