Anri Sala
Untitled (Body Double I), 2022
disegno a pastello
40 x 29,5 cm
Courtesy l’Artista
Donazione dell’artista. Collectio Parco Archeologico di Pompei (Pompeii Commitment. Materie archeologiche)
Su Body Double di Anri Sala.
Una traccia doppia tra l’analogico e il digitale
(Marcella Beccaria)
Side A – I calchi di vittime dell’eruzione del Vesuvio del 79 a.C. e uno strumento musicale dell’epoca, ma anche il volume dell’aria, la durata di un respiro, lo strazio della morte, l’emozione della scoperta, il suono che rompe il silenzio… Da dove iniziare il racconto sul progetto di Anri Sala per Pompei?
Sin dalla fine degli anni ‘90, attraverso la sua arte Anri Sala indaga possibili modelli di conoscenza attraverso opere capaci di innestarsi sul tessuto di quanto definiamo “reale”. Alla base delle opere dell’artista è innanzitutto un metodo, una ricerca che poeticamente mette in luce collegamenti altrimenti nascosti e vicende umane tralasciate dalla grande storia. In più occasioni, Sala ha attinto al linguaggio della musica e, addentrandosi nella struttura di specifici brani, ne ha esaminato episodi di possibile rispecchiamento, rielaborazione e duplicazione, trovando fertile spunto nei concetti di doppio, simile, dissimile.
Body Double (2022), la nuova opera in forma di traccia sonora ideata dall’artista per Pompeii Commitment. Materie archeologiche – Digital Fellowship, nasce guardando a due differenti tipologie di reperti relativi alla straordinaria materia archeologica restituita da Pompei. Proponendo un’inedita relazione, Sala si è ispirato ai calchi in gesso di due vittime e ai frammenti di una tibia, strumento musicale formato da due elementi a canna (detto aulos dai greci).
Attingendo alle memorie di una sua visita al sito archeologico di Pompei avvenuta anni fa, quando per la prima volta vide i calchi in gesso delle vittime, Sala ha approfondito la notizia relativa ai recenti ritrovamenti effettuati in una grande villa suburbana nella zona di Civita Giuliana nell’autunno del 2020. La scoperta concerne il ritrovamento degli scheletri di due individui e la conseguente realizzazione di due nuovi calchi. A partire dalla tecnica inizialmente ideata da Giuseppe Fiorelli nella seconda metà del 1800, il gesso colato ha restituito le sagome di due fuggiaschi, dando modo agli studiosi, insieme alle analisi sulle ossa, di ricavare informazioni dettagliate relative agli individui e alla tragica dinamica concernente i loro ultimi istanti di vita. Gli archeologi hanno concluso che lo stesso deposito di cenere trovato dimostra che si tratta di due vittime della seconda eruzione del Vesuvio, quella che, nelle prime ore della mattina del 25 ottobre, uccise quanti erano sopravvissuti alla colata del giorno precedente. In base alle condizioni dei loro scheletri e ai resti dell’abbigliamento, gli studi attuali identificano queste persone presumibilmente come un giovane schiavo e il suo più maturo proprietario.
Oltre alla ricorrenza del due – due vittime fermate dalla seconda colata piroclastica – quanto ha colpito Sala è che i corpi sembrano toccarsi, in quanto il braccio di una delle due vittime è tangenziale al piede dell’altra. La drammatica circostanza, che letteralmente unisce ancora di più i destini di questi due individui, forse rendendo più simile ciò che è diverso, è parte dello spunto a partire dal quale l’artista ha elaborato il proprio progetto. Suggellando per sempre una relazione riguardo alla quale si potrebbero aprire più congetture, questa prossimità è stata interpretata da Sala anche attraverso disegni su carta. Tracciati a matita grigia, i disegni – non a caso l’artista ne ha realizzati due – si soffermano su momenti diversi, ipotizzando una successione di due momenti, l’uno a brevissima distanza dall’altro. Un primo disegno (pubblicato contestualmente a questo testo) si ispira ai calchi visti dall’alto e delinea i corpi ormai stesi a terra. Come anche ripreso da una delle fotografie documentarie relative agli scavi, il disegno riprende la posizione del giovane con le gambe distese e quella, più scomposta, dell’uomo maturo, che sembra ancora sul punto di contorcersi. Nel disegno l’artista insiste sul punto di contatto, segnando con un’unica linea la continuazione di un corpo nell’altro. Non supportato da evidenza fotografica, l’altro disegno immagina un possibile momento di poco precedente, con uno dei due individui malfermo sulle gambe e l’altro già caduto ma ancora inginocchiato.
Quanto accomuna i due disegni è la decisione di Sala di non soffermarsi sulla presunta identità dei due individui, suoi loro differenti ruoli sociali o sulle possibili occupazioni mentre cercavano di fuggire. Una serie di sfumature che avvolgono parti delle figure, sono interpretabili in relazione all’ultimo respiro emesso dalle vittime, visualizzando invece l’aspetto più ineluttabile della loro comune umanità. Queste nuvole grigie, con punti rossi e blu, sembrano aver appena lasciato i corpi che le hanno prodotte, suggerendo l’idea di un volume che, pure fragile e invisibile, occupa però uno spazio.
Insieme alla coppia di calchi fin qui descritta, l’altro reperto di origine pompeiana sul quale l’artista si è soffermato per sviluppare Body Double è una tibia, strumento musicale formato da due canne che, impropriamente, è talvolta indicato come doppio flauto. I modi in cui Sala ha interpretato questo antico strumento, ne ha esaltato la peculiare struttura mettendola in relazione con i calchi, con il respiro delle vittime, lavorando su un doppio registro, analogico e digitale, anche avvalendosi delle competenze di studiosi di musica antica, per arrivare a produrre l’opera sonora per Pompeii Commitment. Digital Fellowship, saranno oggetto della seconda parte di questo testo.
La ricostruzione di un’antica tibia
(Stefan Hagel)
Ancor più della lira, lo strumento a doppia canna dominava i paesaggi sonori dell’antichità classica, essendo utilizzato in occasione di produzioni teatrali e sacrifici nonché di banchetti e danze. Quando ho iniziato a interessarmi alle basi materiali della musica antica, circa venticinque anni fa, tale strumento, circondato com’era da un certo mistero e da molti equivoci, ha perciò richiesto un’attenzione particolare da parte mia. Le traduzioni, quasi invariabilmente, rendevano sia il suo nome greco “aulos” sia il latino “tibia” come “flauto” o “doppio flauto”, sebbene gli studiosi si fossero resi conto da tempo che lo strumento era più simile ai clarinetti o agli oboi moderni. Suonato in coppia, offriva una visione dell’antica “armonia”, concetto filosofico divenuto particolarmente rilevante. Eppure, nonostante la documentazione di svariati reperti archeologici, seguita da tentativi di ricostruzione compiuti sin dal XIX secolo, pochi sono stati i progressi nello svelamento del suo significato musicale. Gli esperimenti pratici erano stati ostacolati da dubbi sulla natura delle ance andate perdute, mentre gli approcci teorici, incentrati sul posizionamento dei fori per le dita, erano privi dei mezzi tecnici per immaginare le possibili scale con la necessaria accuratezza.
L’avanzamento nella conoscenza richiedeva apparentemente un software informatico dedicato, in grado di stabilire le note suonate con le varie ance e di aiutare così a prevedere quelle corrette, massimizzando le relazioni armoniche tra le due canne di una coppia pur sotto la guida costante della nostra conoscenza dei “modi” antichi. Solo pochissime coppie, tuttavia, erano rimaste sufficientemente intatte per valutarle senza l’intralcio di ulteriori incognite. La più splendida di queste proviene dagli scavi di Pompei ed è ora conservata presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Il nucleo era composto, secondo la tradizione, da sezioni in osso – da cui il nome latino dello strumento – poi ricoperte da due strati in bronzo e argento. Lo strato esterno era costituito da brevi sezioni che potevano essere ruotate attorno al nucleo interno, coprendo e scoprendo così varie configurazioni di fori per le dita e passando tra diverse modalità e gamme di toni. Un’analisi effettuata tramite il mio software di nuova concezione ha mostrato che questi strumenti dovevano essere dotati di ance relativamente corte, simili a quelle visibili nelle immagini contemporanee. Le loro note si adattavano quindi esattamente al sistema musicale di epoca romana, noto principalmente dai frammenti di melodia rinvenuti su papiri egizi. Tali risultati resisterebbero a una prova pratica?
Oggi, mediante la stampa 3D, è relativamente facile produrre modelli funzionanti di antichi strumenti a doppia canna. Le condizioni erano ancora molto diverse quando ho completato la mia prima analisi. Il primo modello da me elaborato consisteva perciò in anelli di plastica modellati manualmente attorno a un’anima in fibra di vetro di dimensioni adeguate prodotta industrialmente, alla quale erano stati aggiunti pomelli sagomati in maniera grezza per permettere il funzionamento del meccanismo. Eppure, per quanto abbozzato fosse, lo strumento suonava le armonie previste.
Solo molto più tardi, nel corso dello svolgimento dello European Music Archaeology Project (EMAP), finanziato dall’UE, siamo stati in grado di ottenere le sovvenzioni e le collaborazioni necessarie per tentare una ricostruzione del meccanismo metallico in bronzo e argento. Nei laboratori della Middlesex University di Londra, Peter Holmes, Neil Melton e Martin Sims hanno condotto esperimenti con tecnologie che vanno da un modello di tornio di epoca romana ai più moderni mezzi di produzione computerizzata, giungendo infine a realizzare uno strumento funzionante.
Nel frattempo, il viaggio era proseguito. Sono stati sottoposti a interpretazione altri reperti di aulos in legno e osso, che documentano un’evoluzione dagli strumenti relativamente semplici del periodo arcaico fino ai frammenti riccamente decorati notevolmente posteriori alle testimonianze di Pompei, reperti provenienti da gran parte dell’Impero Romano e oltre, dalla Gran Bretagna all’Asia centrale alla Nubia. Tuttavia Pompei cela ancora segreti musicali da svelare. Molti dei reperti più antichi attendono tuttora una valutazione scientifica, mentre un recente ritrovamento, oggi custodito all’interno del Parco Archeologico, promette di gettare nuova luce su alcune annose questioni riguardanti la musica antica.
Anri Sala
Un estratto di Body Double, 2022
stereo sound, 9’25”
Musica eseguita da Stefan Hagel
Sound design di Olivier Goinard
Courtesy l’Artista