Luisa Lambri
Untitled (Casa di Giulia Felice, #02), 2020
fine art pigment print
53,6 x 46,3 cm
ed. 3 + 1 AP (1/3)
Courtesy Thomas Dane Gallery, Londra / Napoli
La rappresentazione delle rovine costituisce un lungo capitolo della storia del Grand Tour: dai primi disegni, incisioni e stampe, a partire dalla fine del XIX secolo questa storia è diventata una storia principalmente fotografica, la quale, pur se finalizzata allo studio e alla divulgazione dei suoi risultati, ha delineato i mobili contorni di un vero e proprio immaginario pompeiano. Invitata dal Parco Archeologico di Pompei nell’autunno 2020 a condurre una ricerca nel contesto di Pompeii Commitment. Materie archeologiche, Luisa Lambri ha colto non solo le contraddizioni con cui la pretesa oggettività della macchina fotografica ha raccontato Pompei negli ultimi due secoli e mezzo, più che registrarla, ma ne ha anche espresso un ulteriore e, per mosti aspetti, estremo esito. L’artista si è concentrata in particolare, nella sua ricerca, sugli ambienti interni di due domus: la Stanza di Leda e l’Atrio di Narciso, alcova sensuale e raffinata in corso di scavo nella Regio V, e la Casa di Giulia Felice. Gli affreschi che decorano queste domus sono connotati da estesi apparati figurativi, solo in parte sopravvissuti, in cui i ritratti del dominus o della domina e i miti allegorici che adornavano le pareti sono inquadrati all’interno di strutture geometriche e di sequenze di linee, a volte ornate da fiori o foglie di vite, che indicano e definiscono con precisione lo spazio dell’illusione pittorica. Come scrive l’artista: “a volte tutto ciò che rimane dei dipinti in queste rovine sono le linee delle stesse cornici, che sono semplici e belle di per sé”. Concentrando la sua macchina fotografica proprio su queste linee e sulla struttura che esse asseverano, delimitando lo spazio deputato alla rappresentazione anche se il soggetto rappresentato vi è scomparso, Lambri ha fotografato Pompei astraendola da ogni ipotesi documentaria. Nella sua geometria di frammenti e di materie corrose dal tempo, Lambri coglie ogni dettaglio di queste linee e delle campiture di colore che ne derivano ma, astraendole appunto dalla loro originaria funzione secondaria e servile, ne esplicita l’autonomia espressiva. L’immagine finale si rivela come un’evocazione della pittura astratta dell’inizio del XX secolo o delle opere del movimento Light & Space californiano e del Neoconcretismo basiliano, o delle strutture primarie delle coeve opere Minimal quali, fra altri esempi possibili, le tele e gli interventi parietali di Blinky Palermo con cui l’artista ha deciso di corredare il suo contributo al centro di ricerca digitale www.pompeiicommitment.org. La pervasiva relazione fra concretezza e astrazione di queste immagini è approfondita, su un piano puramente tecnico, dalla pratica con cui Lambri realizza progressivamente, per strati e passaggi differenti, tutte le sue opere: le immagini vengono infatti realizzate con una macchina fotografica analogica, poi le diapositive risultanti scansite per permettere un processo di lavorazione in digitale e, infine, stampate nuovamente in modo analogico, perseguendo una paziente calibratura delle luci, dei colori e dei contrasti fra i vari elementi che compongono l’immagine, vera e propria crasi fra episteme analogica e digitale. La ricerca di Lambri a Pompei, in questo senso, non solo si pone al di là del limite dell’immagine documentaria del Grand Tour, ma si presenta anche come una perlustrazione critica degli statuti ambigui dell’immagine contemporanea. Untitled (Casa di Giulia Felice, #02), una delle opere risultanti dalla ricerca di Lambri al Parco Archeologico di Pompei – pubblicata in apertura del contributo dell’artista – inaugura, interrogandone risonanze e prospettive, la collezione d’arte contemporanea del Parco Archeologico di Pompei. AV
Si ringraziano: Thomas Dane, François Chantala, Tom Dingle, Federica Sheehan, Thomas Dane Gallery, Londra / Napoli
Immagine in home page: Luisa Lambri, Untitled (Casa di Giulia Felice, # 02), 2020. Courtesy Thomas Dane Gallery Londra / Napoli
La ricerca di Luisa Lambri (Como, 1969. Viva e lavora a Milano) corrisponde a un atto di discreta ma costante concentrazione, intesa sia nel senso di riflessione intellettuale che, al contempo, di sintesi rappresentativa. Il suo mezzo espressivo d’elezione, quello fotografico, viene interpretato dall’artista sovvertendo le aspettative connesse alla storia del mezzo stesso: considerata strumento di una rappresentazione oggettiva del reale, e quindi strumento per antonomasia della perdita di “aura” dell’immagine all’epoca della sua “riproducibilità tecnica”, per citare il filosofo Walter Benjamin, per Lambri invece la fotografia, pur continuando a rappresentare il dato oggettivo, permette di cogliere gli slittamenti interpretativi e le potenzialità ermeneutiche che esso contiene e disvela. Ridotta l’immagine al pattern dei suoi elementi primari – linee e griglie compositive –, adottando specifici punti di vista e dosando la percezione della luce che investe lo spazio-tempo in cui il soggetto è posto, Lambri compie quello che per un fotografo potrebbe sembrare un’aporia: fotografare l’astrazione. In particolare le sue immagini di architetture moderniste e contemporanee colgono ed esaltano il progetto e, per traslato, l’ideologia formale dell’edificio fotografato, conferendo all’immagine la qualità di un’esperienza epifanica di riscoperta del reale. L’artista ha partecipato a due edizioni della Biennale di Venezia: alla 50a edizione, Sogni e Conflitti: La dittatura dello spettatore/Dreams and Conflicts: The Dictatorship of the Viewer nel 2003 e, nel 1999, alla 48° edizione, dAPERTutto, esponendo presso il Padiglione Italiano diffuso nel percorso di visita e premiato con il Leone d’Oro. Tra le mostre personali presso istituzioni museali: PAC-Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano (2021); Met Breuer, New York (2017, con Bas Princen); Isabella Stewart Gardner Museum, Boston (2012); Hammer Museum, Los Angeles (2010); Baltimore Museum of Art, Baltimora (2007); Carnegie Museum of Art, Pittsburgh (2006, con Ernesto Neto); The Menil Collection, Houston (2004); Palazzo Re Rebaudengo, Guarene d’Alba (2001); Contemporary Art Center, Vilnius e Nordic Institute for Contemporary Art, Helsinki (1999). Tra le mostre collettive: Quadriennale d’Arte, Palazzo delle Esposizioni, Roma; Among the Trees, Hayward Gallery, Londra; Italics: Italian Art between Tradition and Revolution, 1968-2008, Museum of Contemporary Art, Chicago; Painting the Glass House: Artists Revisit Modern Architecture, Aldrich Contemporary Art Museum e Yale School of Architecture, New Haven; The Shapes of Space, Solomon R. Guggenheim Museum, New York; The Grand Promenade, National Museum of Contemporary Art, Atene; Vanishing Point, Wexner Center for the Arts, Columbus; Living Inside the Grid, New Museum, New York; Yesterday Begins Tomorrow: Ideals, Dreams and the Contemporary Awakening, Center for Curatorial Studies Museum, Bard College, New York.