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© Pompeii Commitment. Archaeological Matters, un progetto del Parco Archeologico di Pompei, 2020. Project partner: MiC.
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Rose Salane. The Feedback Loop of Belongings

Digital Fellowship 03    30•11•2022

Il metodo di lavoro di Rose Salane entra nella storia “attraverso l’ingresso pedonale” al fine di affrontare e mettere in discussione il valore degli oggetti che tracciano il movimento casuale delle persone, in particolare nel contesto degli ambienti urbani, come la sua città natale di New York, dove l’anonimato appare sia come una maledizione che come una benedizione. Formatasi alla Cooper Union e laureata in Urbanistica presso il City College di New York, CUNY – corso, com’è noto, condotto dal defunto architetto e teorico Michael Sorkin – Salane si interessa a frammenti della vita quotidiana che altrimenti potrebbero essere trascurati per la loro apparente assenza di significato per l’esistenza collettiva. Tali accadimenti, quali la perdita di un anello o l’uso di una moneta contraffatta per pagare il biglietto dell’autobus, non sono certamente eventi che alterano il mondo di per sé, ma portano individualmente le tracce di identità e cambiamenti sociali che, nella moltitudine delle loro ripetizioni, dipingono il quadro più ampio del corso delle cose in un dato momento nel tempo. Avendo seguito da vicino i progetti di Salane negli ultimi anni, siamo stati più che felici di introdurre il suo approccio di ricerca nel contesto delle Digital Fellowship di Pompeii Commitment. Materie archeologiche. Pompei può forse essa stessa considerata un importante “accesso pedonale” in un particolare momento del passato, un sito in cui la storia con la S maiuscola si affida al paradossale retaggio di materiali quotidiani la cui vita è stata bruscamente interrotta, e congelata nel tempo, dall’eruzione vulcanica, prima che potessero essere consumati, trasformati, scartati. Luogo allo stesso tempo di distruzione e conservazione, Pompei è stata ed è tuttora prima di tutto una città, le cui forme di occupazione sono mutate ma sicuramente non si sono interrotte. Osservando e valutando queste diverse relazioni con un dato ambiente, Salane giunge a comprendere le modalità di esistenza di quest’ultimo. Il processo di compilazione e valutazione delle informazioni portato avanti dall’artista conduce a un risultato che è molto di più della somma delle sue parti. Nell’arco di quattro mesi, tra luglio e novembre 2022, Salane ha visitato il sito archeologico e dialogato con diverse figure professionali, tra cui Chiara Siravo (storica e curatrice indipendente), il dott. Marco Giglio (docente di Metodologia e Tecniche Archeologiche all’Università di Napoli ‘L’Orientale’), il prof. Antonio Varone (ex direttore degli scavi di Pompei) e Giuseppe Scarpati (funzionario archeologo). Questo periodo ha offerto all’artista l’opportunità di avviare una nuova ricerca per creare connessioni tra il passato e il presente di Pompei come antico complesso urbano e meta turistica contemporanea, riflettendo sui modi in cui le nozioni di circolazione, possesso e appartenenza, applicate sia agli oggetti che alle persone, possono coesistere ed essere incarnati dalle rovine archeologiche così come dai vasti archivi di Pompei. Durante le sue visite, Salane ha avuto accesso a parte dei depositi di materiale archeologico, nonché alle banche dati di documentazione visiva relative alla vita moderna e contemporanea di Pompei dal XVIII secolo a oggi. L’interesse dell’artista è stato catturato da alcune categorie di oggetti e testimonianze fotografiche, in particolare anelli antichi, manufatti rubati e restituiti, schede archivistiche di interventi infrastrutturali risalenti agli ultimi quarant’anni. Gran parte del materiale raccolto dall’artista ha dato vita a una serie di set visivi che accompagnano un nuovo saggio letterario della stessa Salane, pubblicato qui come esito finale della sua Digital Fellowship, dal titolo The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti). Per comprendere questo nuovo lavoro di ricerca nel contesto più ampio della pratica dell’artista, è utile fare riferimento a due dei suoi lavori passati, Panorama 94 (2019) e 60 Detected Rings (1991-2021), quest’ultimo presentato nel 2021 nell’ambito della Triennale del New Museum. In entrambi i casi l’artista si è occupata di una serie di anelli smarriti (recuperati rispettivamente dalla rete del trasporto pubblico di New York e dalle spiagge di Atlantic City, in New Jersey). L’impatto visivo dell’osservazione contestuale di tutti gli oggetti perduti evocava, secondo l’artista, la veduta dall’alto di una grande folla di persone: ogni oggetto corrispondeva a un’azione individuale, un gesto, un giorno all’interno di una vita. Per riuscire a leggere tali oggetti, a esaminare le incognite che li circondano e scoprire le loro storie, alla ricerca di possibili indicatori del loro valore e significato, l’artista si è rivolta all’analisi forense e scientifica, inclusi i test per individuare le tracce di DNA mitocondriale, oltre che a valutazioni del valore dei materiali di cui erano composti gli anelli. Il valore spirituale è stato preso anch’esso in considerazione, facendo esaminare gli anelli da un sensitivo. Approcci analoghi, che collegano dati scientifici con intuizione, appartengono anche al lavoro archeologico, a partire dal momento in cui gli oggetti vengono rinvenuti nelle campagne di scavo sino alla loro analisi, indicizzazione e interpretazione. Questo viaggio epistemico può includere momenti in cui le informazioni non sono disponibili, e anche affrontare queste lacune fa parte del lavoro. Come scrive Salane, “Indipendentemente dalle circostanze della perdita, ogni oggetto recuperato conserva in sé nozioni radicate di casualità, scopo e attività umana, che nel tempo immettono il momento dello smarrimento in un circolo perpetuo di sentimenti differenti”. Questa familiarità percepita innesca più domande che risposte, il che è in parte il motivo per cui l’esito del periodo di residenza di Salane, lontano dall’essere solo un punto di arrivo, pone le basi per un viaggio di ricerca esteso nel tempo. SB

L’artista ringrazia Chiara Siravo, Jo Livingstone, Dylan Kraus, Christopher Viaggio e UEOdesign per il loro prezioso aiuto.

1. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane
fotografie di ricerca
Parco Archeologico di Pompei
Courtesy l’Artista

2. Mappa:

Rose Salane
Ritrovamenti di gioielli nel Parco Archeologico di Pompei fino al 1997, 2022
mappa interattiva
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

3. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane

fotografie di ricerca
Parco Archeologico di Pompei
Courtesy l’Artista

4. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane
fotografie di ricerca
Parco Archeologico di Pompei
Courtesy l’Artista

5. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane
fotografie documentative, dettagli e installazioni
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

6. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane

stampe d’archivio a pigmenti
Parco Archeologico di Pompei
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

7. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane
fotografie di ricerca
Parco Archeologico di Pompei
Courtesy l’Artista

8. Testo e Immagini:

Rose Salane

The Feedback Loop of Belongings (Il ciclo infinito degli oggetti), 2022
saggio
Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

Rose Salane
fotografie di ricerca
Parco Archeologico di Pompei
Courtesy l’Artista

Immagine in home page: Rose Salane, 52 anelli trovati a Pompei fino al 1997, 2022, materiale tratto da: “I Monili Dall’Area Vesuviana”, a cura di Antonio D’Ambrosio ed Ernesto De Carolis, vol. 6 (Roma: L’erma di Bretschneider, 1997), Ministero per i Beni Culturali e Ambientali – Soprintendenza Archeologica di Pompei. Courtesy l’Artista e Carlos/Ishikawa, Londra

 

Rose Salane (1992, New York, USA) è un’artista che utilizza collezioni di oggetti di uso quotidiano come punto di partenza, esplorando i sistemi di valutazione, scambio e organizzazione che modellano la vita urbana. Le sue indagini dimostrano come le più ampie forze burocratiche controllano l’attività umana e la perseveranza dell’umanità di fronte a strutture automatizzate e alienanti. Ricercando, analizzando e classificando oggetti e informazioni, l’artista crea importanti connessioni tra il personale e l’istituzionale, così come tra l’ordinario e ciò che ha un impatto globale. Presentazioni personali del lavoro di Salane si sono tenute presso: Hessel Museum of Art, Annandale-on-Hudson, New York (2021); MIT List Visual Arts Center, Cambridge, Massachusetts (2019); e Carlos/Ishikawa, Londra (2018). Nel 2021, il suo lavoro è stato presentato alla New Museum Triennial, Soft Water Hard Stone, New Museum, New York, e nel 2022, alla Whitney Biennial, Quiet as It’s Kept, Whitney Museum of American Art, New York. Nel 2022 ha ricevuto il Pollock-Krasner Foundation Grant. Salane ha completato un Master in Urbanistica presso la Bernard & Anne Spitzer School of Architecture, CUNY, e un BFA presso The Cooper Union for the Advancement of Science and Art.

The Feedback Loop of Belongings
(Il ciclo infinito degli oggetti)

“Le comunità non possiedono più intelligenza di quella contenuta nei loro oggetti”
Pierre Lévy, Il virtuale

Sulla scia duratura di una catastrofe geologica quale l’eruzione vulcanica che ha tenuto nascosta Pompei per 1.500 anni, i ricercatori approcciano il sito attraverso l’archeologia, l’osteologia, l’analisi dei metalli e altre metodologie forensi. Essi scoprono e studiano i resti di corpi e oggetti rimasti per secoli, irrecuperabili e invisibili, al di sotto della superficie del terreno. A Pompei, mescolanze di effusioni vulcaniche, che hanno formato tra i 6 e i 7 metri di cenere vulcanica indurita, hanno agito come una protezione più efficace di qualsiasi strumento tecnologico contemporaneo per la conservazione. Le improvvise sparizioni e i ritorni degli oggetti recuperati dal sito ci invitano a riflettere sui meccanismi della perdita e del recupero. Un oggetto può essere perduto in innumerevoli circostanze, coinvolto, per esempio, in un disastro naturale o in un semplice smarrimento, in un’azione di furto o nella violenza della guerra o della censura. Il tempo e la natura determinano il quando e il come esso verrà ritrovato. Nei siti di scavo come quello di Pompei, non esiste una gerarchia a priori tra gli oggetti rinvenuti. Tutto ciò che viene trovato durante uno scavo archeologico ha infatti lo stesso valore. Se appare un corpo, è probabile che nelle vicinanze ci siano monili. Il ricercatore scatta foto e classifica i reperti.


Ritrovamenti di gioielli nel Parco Archeologico di Pompei fino al 1997

  1. Braccialetti
  2. Anelli
  3. Gemme
  4. Collane
  5. Orecchini
  6. Pendenti
  7. Cristalli
  8. Gioielli ritrovati nei pressi di resti umani

Fonte dei dati: D’Ambrosio, Antonio, “Analisi complessiva”, in I monili dall’area vesuviana, a cura di Ernesto De Carolis, vol. 6, L’erma di Bretschneider, Roma, 1997, pp. 21–23. Ministero per i Beni Culturali e Ambientali – Soprintendenza Archeologica di Pompei.

Una volta che gli oggetti sono recuperati attraverso lo scavo, questi vengono organizzati mediante diversi processi che coinvolgono il tempo, la vita sociale, la scienza e le emozioni. Riflettere sulla perdita e sul recupero degli oggetti apre uno sguardo su ulteriori dinamiche di negoziazione – tra potenziale proprietario e acquirente, tra tempo e luogo, tra circostanze economiche e ambiente politico – richiamando alla mente anche i meccanismi di produzione degli oggetti stessi. Indipendentemente dalle circostanze della perdita, ogni oggetto recuperato conserva in sé nozioni radicate di casualità, scopo e attività umana, che nel tempo immettono il momento dello smarrimento in un circolo perpetuo di sentimenti differenti.

A Pompei, due secoli di scavi hanno messo in luce centinaia di possibilità frammentate del quotidiano, facendo riemergere una serie di oggetti pubblici e personali. La maggior parte dei manufatti sopravvissuti alle terrificanti temperature delle eruzioni di più giorni del Vesuvio erano realizzati in oro, bronzo, ferro, pietra e vetro, tutti materiali in grado di resistere all’incenerimento. Durante la fase dell’eruzione, le temperature nella città superarono i 400 °C. L’oro ha un punto di fusione di 1.064 °C, mentre l’argento di 961 °C. A Pompei l’oro costituisce il materiale del 70% dei monili ritrovati, mentre i pezzi d’argento, materiale meno utilizzato in quanto capace di macchiare la pelle, sono poco meno del 12%[1].

I monili, in particolare, sono ancora in grado di mostrare i propri delicati dettagli. L’intimità e la familiarità incarnate da tali oggetti preziosi forniscono dati sul gusto personale, l’estetica e la classe degli abitanti di Pompei, suggerendo al tempo stesso in che modo venivano posizionati gli ornamenti sul corpo. Gli storici hanno individuato e documentato caratteristiche comuni in questi esemplari di braccialetti, anelli e pietre preziose. I serpenti, simbolo ornamentale presente in una vasta gamma di culture, con gli occhi spesso incastonati di gemme di colore rosso, nella cultura visiva romana erano intesi come simboli di poteri in grado di proteggere lo spirito e la famiglia. Una delle poche iscrizioni testuali recuperate dai monili di Pompei, che recita “Dominus ancillae suae” (“Dal padrone alla sua schiava”), si trova su un braccialetto di questa foggia. Alcune caratteristiche formali si ripetono, come le bande d’oro con pietre preziose, il cui stile sopravvive ancora oggi. Altre rappresentano sorprendenti eccezioni, come le lunghe e preziose catene d’oro, non rinvenute all’interno delle case, quanto negli ambienti abitati dalle prostitute al servizio della popolazione locale.

[1] D’Ambrosio, Antonio, “Analisi complessiva”, in I monili dall’area vesuviana, a cura di Ernesto De Carolis, vol. 6, L’erma di Bretschneider, Roma, 1997, pp. 21–23. Ministero per i Beni Culturali e Ambientali – Soprintendenza Archeologica di Pompei.

La gran quantità di monili rinvenuti aiuta comprendere l’alchimia dell’episodio, ponendosi altresì come documentazione di tratti comuni nei beni personali. Le odierne raccolte di gioielli perduti possono essere osservate in parallelo a quelli riemersi a Pompei dal 79 d.C. Panorama 94 presenta una collezione di anelli perduti nel sistema di trasporto pubblico di New York e trovati dai viaggiatori nel corso degli anni 2016-2018. Nell’ufficio oggetti smarriti si sono accumulati in questo intervallo di tempo novantaquattro anelli, successivamente inclusi in un’asta pubblica indetta dall’azienda di trasporto cittadina. 60 Detected Rings (1991-2021) mostra un’altra collezione di anelli ritrovati da una donna con l’uso di un metal detector sulle spiagge di Atlantic City, nel New Jersey, città nota per i suoi casinò. In trent’anni di ricerche, la raccolta è giunta a contare sessanta esemplari di anelli. A differenza di Pompei, in questo caso la storia del distacco del gioiello dal legittimo proprietario non è stata catastrofica. Tuttavia, ogni ritrovamento avviene all’interno di una città e descrive un sistema dinamico di perdita e recupero. Se la tipologia di oggetto rimane costante, le condizioni del luogo e le modalità di rinvenimento sono le variabili. In ogni caso, il momento dello smarrimento resta generalmente sconosciuto e trova una nuova vita attraverso la memoria dell’individuo che riscopre l’oggetto (ciò vale anche per i reperti archeologici), per caso o intenzionalmente. Tali insiemi di oggetti rappresentano i valori estetici del periodo di tempo in cui ciascun anello circolava. Ogni perdita alimenta la ripetizione senza tempo e il disimpegno causale che hanno gli oggetti preziosi e amati.

Le emozioni umane contemporanee giustificano una circolazione più recente di oggetti ritrovati. Lettere contenenti frammenti tratti da precedenti visite a Pompei vengono rispedite al parco archeologico per restituire il materiale rubato. Nel corso degli anni, infatti, decine di turisti hanno sottratto piccoli oggetti dalle numerose stanze ospitate all’interno delle rovine. Secondo le lettere prevalentemente scritte a mano che accompagnano ogni oggetto nel tentativo di fornire informazioni sulle colpevoli azioni della sottrazione, sembra che il gesto iniziale sia stato determinato dal desiderio di possedere fisicamente un pezzo di storia. Il senso di colpa provato per aver rimosso qualcosa di sacro dal luogo cui apparteneva ha portato in alcuni casi alla convinzione di essere stati colpiti da una maledizione come punizione o di essere inevitabilmente condannati alla sfortuna in caso di mancata restituzione dell’oggetto trafugato. In tali gesti di restituzione, piccoli pezzi di roccia vulcanica, pietre e frammenti di tessere marmoree raccolti dai pavimenti a mosaico si trasformano in magneti, in grado in qualche modo di fare ritorno al proprio luogo di origine.

La nostra distanza dalla tragedia avvenuta a Pompei ci consente di rientrare nella città senza sentimenti di apprensione o nostalgia. Ma che tipo di esperienza produce tale ritorno? In tutto il suo caos composto, la città si rigenera: il suo stato eternamente frammentato consente un recupero proteiforme. La comprensione generale di Pompei ha fatto evolvere nel tempo relazioni dinamiche con il sito: l’archivio archeologico lineare, il saccheggio, l’affinità personale e la proprietà hanno restituito e organizzato i materiali della città.

Il turismo alimenta continuamente l’economia della moderna Pompei fuori dal parco, definita in passato da un evento distruttivo durato un giorno. I turisti si trasformano in spettatori e ascoltatori, mentre la città dissotterrata incorpora integrazioni infrastrutturali e architettoniche contemporanee atte a soddisfare il loro quotidiano afflusso. Ogni giorno vengono accolti nel sito 15.000 visitatori, numero che quasi eguaglia quello degli abitanti che un tempo popolavano l’antica città. Un gruppo di persone viene curiosamente preservato dalle stesse forze naturali che un tempo ne hanno causato la distruzione. L’altro si stringe attorno alle guide turistiche, sperando che certi nodi di riflessione si sciolgano in una serie di eventi cronologici. In poco tempo sono pronti per tornare alla loro vita attuale.